Negli ultimi tempi la situazione in Ecuador relativamente alla sicurezza pubblica è diventata drammatica al punto che lo stesso presidente Daniel Oboa, alcuni giorni fa, ha chiesto l’aiuto di Stati Uniti, Europa e Brasile ribadendo la volontà di ricevere nel suo Paese reparti militari stranieri che collaborino nella “guerra ai narcos”. Allo “stato di emergenza” dichiarato dal presidente a ottobre del 2024 durante il periodo delle presidenziali vinte da Noboa, è seguita, ai primi di gennaio scorso, la dichiarazione di “conflitto armato interno” con la indicazione dei cartelli di narcotrafficanti come “organizzazioni terroristiche”, l’introduzione del coprifuoco nelle ore serali e la sospensione del diritto di riunione per due mesi.
Tutto questo dopo che in diverse carceri vi erano state rivolte con molti criminali evasi e in alcune città si erano registrati attentati contro uffici di polizia, saccheggi in negozi, attacchi alle università.
L’Ecuador è in una posizione strategica rilevantissima nello scacchiere del narcotraffico mondiale ed è situato tra di due Paesi maggiori produttori di cocaina (Colombia e Perù). In poco più di dieci anni il Paese ha mutato notevolmente il proprio ruolo nel traffico internazionale di cocaina diventando la più importante piattaforma logistica nella distribuzione mondiale di questa droga. Dai porti marittimi sull’Oceano Pacifico (Esmeraldas, Manta e Guayaquil) la droga viene spedita occultata nei container verso le destinazioni internazionali. Guayaquil è certamente il porto dove si concentra maggiormente il traffico di stupefacenti e molti anni fa la vigilanza era davvero modesta per non dire assente; io stesso ebbi modo di rilevarlo personalmente ( a quei tempi svolgevo le funzioni di esperto antidroga della DCSA accreditato presso l’Ambasciata italiana di Bogotà) durante una breve missione compiuta nell’area portuale dove era stato trovato, grazie ad una informazione confidenziale, un consistente carico di cocaina nascosta in un container diretto in Italia, al porto di Gioia Tauro.
Queste rotte sono gestite, come evidenzia la DCSA (Direzione Centrale per i Servizi Antidroga- Dipartimento della Pubblica Sicurezza) nella relazione del 2024 “..da un mix di reti criminali ecuadoriane, colombiane, messicane ed europee, tra le quali vigono accordi basati sulla “quantità di cocaina immessa” mentre il trasporto della cocaina è subappaltato ad “agenzie di servizio” criminali. Anche da queste parti sono presenti esponenti della mafia calabrese che “convogliano” lo stupefacente verso i più importanti porti d’Europa tra cui Anversa, Rotterdam, Amburgo Le Havre, Algeciras e Gioia Tauro ( negli ultimi tempi anche nei porti di Livorno, Savona e Genova).
I controlli nel porto di Guayaquil, in particolare, sono aumentati decisamente negli ultimi anni portando l’Ecuador al terzo posto della classifica dei Paesi con il maggior numero di sequestri di cocaina, ben 150 ton. nel 2024 (dopo Colombia e Usa). Per quanto riguarda la distruzione degli ingenti quantitativi di cocaina sequestrati il Governo, di recente, ha adottato la metodologia dell’”incapsulamento” (sostituisce quella dell’incenerimento che è adottata in tutti i Paesi) e che consiste, come si rileva nella relazione DCSA citata, “nella polverizzazione dello stupefacente, poi mescolato a calce e cemento e quindi sotterrato o utilizzato per la costruzione di edifici di tipo industriale”. Si tratterebbe di “una distruzione sicura ed efficace”, sistema adottato negli ultimi tre anni con oltre 400 tonnellate di cocaina incapsulate. Un sistema di eliminazione della droga davvero “stupefacente”.
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